Storia del Vermouth, da Torino al mondo
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Il Vermouth è storia, mito ed evoluzione del bere italiano. Simbolo della Belle Époque nostrana, esportato ed imitato in tutto il mondo, oggi viene riscoperto e valorizzato nelle sue antiche formulazioni.
Vermouth, anche scritto vermut, deriva dal temine tedesco “wermut”, termine utilizzato per definire il suo principale aromatizzante l’Arthemisia Absinthum, detta artemisia. Spesso il Vermouth è anche chiamato “Americano” (da cui il nome del cocktail), una sorta di italianizzazione del temine piemontese vin amaricà ovvero «vino reso amaro».
UN “GOCCIO” DI STORIA
L’origine del Vermouth è contesa con la Francia, ma furono certamente i caffè di Torino a lanciare la moda dell’aperitivo con il Vermouth in tutto il mondo.
Ma come nacque il vino amaricato più famoso al mondo?
Anticamente, in alcune aree del Piemonte, il vermouth veniva prodotto nel periodo invernale in botti di medie dimensioni che venivano esposte al freddo, in modo che l’infusione tra vino ed erbe fosse lenta. Si miscelavano vino, alcol e erbe officinali, una ricetta segreta che si tramandava di padre in figlio.
La fortificazione mediante alcool era necessaria perché i vini bianchi utilizzati (il Vermouth nasce “bianco”) non erano eccessivamente alcolici, mentre divenne una pratica meno frequente quando si iniziarono ad utilizzare i vini provenienti dal Sud Italia. In Piemonte, si utilizzavano soprattutto vino da uve moscato e cortese, a cui si aggiungevano erbe locali quali artemisia, achillea, camomilla, issopo, santoreggia, maggiorana, salvia, sclarea, sambuco, timo. Ma anche spezie esotiche come cannella, cardamomo, chiodi di garofano, coriandolo, noce moscata, vaniglia, zafferano.
IL VINO DEI FARMACISTI
La fama del Vermouth è indissolubilmente legata al Piemonte e a Torino in particolare, dove, alla fine del 1700, la preparazione di questo vino aromatizzato divenne un’arte. Il Vermouth fu “possesso” di farmacisti e “speziali” che utilizzavano le loro conoscenze farmacologiche per produrre estratti corroboranti e profumati, veri e propri elisir spacciati come panacea di tutti i mali. Verso la metà dell’800, la prima ondata di industrializzazione incluse anche il Vermouth, che cominciò ad essere prodotto in grandi quantità. Le antiche ricette “dei farmacisti” divennero la base per produrre un aperitivo di largo consumo, che agli inizi del nuovo secolo divenne una moda torinese e poi italiana.
Ulrich, il Vermouth riscoperto da Marolo
Uno dei grandi nomi dell’erboristica torinese fu Domenico Ulrich, botanico, farmacista e imprenditore di Torino. A Lui si deve la formulazione di moltissime bevande spiritose, tra cui alcuni Vermouth e Amari che ebbero grande successo in passato. Marolo ha recentemente riscoperto e rielaborato le antiche ricette di Ulrich, producendo una gamma si Vermouth dall’inconfondibile stile vintage.
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Vermouth Ulrich nella sua versione Extra Dry, ideale per i cocktail
DAL PIEMONTE AL MONDO
Fu grazie ai primi imprenditori sabaudi che il Vermut venne esportato oltre confine, suscitando immediato successo e infinite imitazioni. In Francia fu chiamato «Vermouth» e, con questa denominazione, acquistò rinomanza un po’ ovunque. Negli Stati Uniti, dove la miscelazione stava diventando sempre più importante, il Vermouth divenne uno degli ingredienti principali di moltissimi cocktail. Il successo portò ad una nascita incontrollata di vini amaricati con infusione di erbe e spezie, tra cui molti vini chinati e i cosiddetti “Americani”, vini a base Vermouth con un’aggiunta di bitter, ovvero una componente ancora più amara.
LA (QUASI) SCOMPARSA
Dopo il boom del Vermouth di inizio ‘900, la produzione andò scemando nel dopoguerra. In anni recenti, alcuni grandi produttori chiusero i battenti, altri decisero di rinunciare al nome Vermouth a favore di prodotti più zuccherini e «facili». Le ricerche di mercato parlavano di un progressivo calo dei consumi di alcolici a grado elevato e della predilezione del consumatore per un bere più leggero e morbido. Il Vermouth divenne (quasi) un ricordo, tornando ad essere consumato nei bar di paese, da nostalgici o appassionati.

La pianta dell’Artemisia, ingrediente principale e amaricante del Vermouth
LA RIVINCITA DEL VINTAGE
Gli anni 2000 e il trionfo dell’estetica vintage, con l’annessa ricerca di prodotti rari ed autentici, ha riportato il Vermouth alla sua antica gloria. Non più un prodotto massificato, ma un vino aromatizzato dove antiche ricette e perizia artigianale si fondono a creare un prodotto unico, in cui vitigno d’origine ed essenze autoctone hanno il loro giusto bilanciamento. Il Vermouth ri-diventa il simbolo della miscelazione italiana, che aveva dominato l’inizio del XX secolo. Un ritorno alle origini che ha affascinato soprattutto i nuovi mixologist statunitensi, guidandoli alle origini del cocktail. Non è un caso che negli ultimi cinque anni siano fioriti decine di nuovi brand, e che gran parte delle cantine storiche abbiano recuperato le ricette di famiglia. Il Vermouth nacque come vino aromatizzato casalingo, da consumare con i parenti o in occasioni speciali: oggi, in una veste più ricercata, recupera le sue origini di esclusività, stile italiano, sintesi perfetta di tradizione e innovazione.
Articolo bello d interessante.
Grazie mille per il suo commento!