Storia dei cocktail, da Jerry Thomas al Proibizionismo

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Nel post precedente abbiamo visto come la fillossera e l’invenzione del ghiaccio “artificiale” abbiano contribuito in modo determinante alla nascita del cocktail.

Ma se la necessità di trovare nuovi drink non fosse stata supportata dalla creatività umana, forse oggi non avremmo la meravigliosa varietà dei cocktail contemporanei.

IL GENIO

Antonio Benedetto Carpano

Antonio Benedetto Carpano

Il genio non è solo la capacità di inventare qualcosa, ma di renderla un’innovazione di successo, conosciuta e facilmente accessibile.

È ciò che bisognerebbe tributare ad Antonio Carpano, distillatore italiano, e a Jerry “The Professor” Thomas, nato in Connecticut. Al primo si deve l’invenzione, nel 1786, del Vermouth, non più come “farmaco” rinvigorente” ma come semplice aperitivo: la moda del Vermouth si diffuse dai caffè italiani in tutta Europa favorendo la nascita dei primi miscelati, la cui fama giunse anche nei nascenti Stati Uniti d’America.

È proprio qui che Jerry Thomas (1830 – 1885) divenne uno dei migliori interpreti della nuova arte. Dopo una vita da marinaio, cercatore d’oro e organizzatore di varietà, nel 1958 Jerry accettò la posizione di capo barman per il Metropolitan Hotel di New York. L’orgoglio della posizione e la novità delle sue proposte, mista a un’innata curiosità per il mondo dei drink, lo portarono a diventare uno dei barman più apprezzati del nuovo mondo.

Pochi anni dopo fondò il suo personale tempio del cocktail, il Jerry Thomas’s, annientando la concorrenza e diventando il mixologist più conosciuto al mondo, il preferito da tutte le celebrità della sua epoca. Ciò che rese Jerry immortale però, fu la generosità.

Jerry Thomas

Jerry Thomas

Se fino a quel momento le ricette dei bartender erano segreti inviolabili, trasmissibili soltanto per via ereditaria, Jerry pubblicò le sue creazioni in un libro che è – e resterà – la Bibbia del Cocktail. Pubblicato nel 1862, la Bar-Tenders Guide (How to mix drinks) fu il primo volume della storia dedicato alla miscelazione, contenente le “formule magiche” di quei cocktail che, nel giro di una generazione, divennero pietre miliari e poi cult della mixology.


Leggi il post dedicato alle Origini dei Cocktail

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Storia dei cocktail proibizionismo

La più celebre immagine del Proibizionismo

 

PROIBIRE PER INVENTARE

La psicologia dello sviluppo sostiene che i “no” dei genitori facciano crescere i figli, stimolando la loro ricerca di soluzioni alternative. Visto sotto questa luce, il Proibizionismo fu una manna per la storia dei miscelati. Come improvvisamente i cocktail invasero i locali degli Usa sotto la spinta del “Professore”, così sparirono. Il 16 gennaio del 1920, il Volstead Act sanciva l’illegalità degli alcolici. Andrew Volstead, senatore a cui si deve la legge, proclamò che, senza l’acool, «le porte dell’inferno si sono chiuse per sempre». Si aprirono, però, quelle degli speakeasy, locali in cui, tra una chiacchiera e l’altra, venivano illegalmente serviti alcolici di contrabbando o prodotti in distillerie clandestine. Il risultato fu che la qualità dell’alcool precipitò drasticamente e, per coprirne i cattivi sapori, si svilupparono sopraffine tecniche di aromatizzazione.

Nasceva la seconda generazione dei cocktail, con due importanti risultati. Da una parte i prodotti freschi e le lavorazioni complesse utilizzate dagli estimatori di Jerry Thomas furono sostituiti da succhi di frutta ed essenze a basso costo, facilmente reperibili, conservabili e soprattutto, velocemente consumabili: spopolarono drink come il Gin Tonic, il Rum e Coca, il Vodka Cramberries; e nacquero miscelati di semplice fattura come il Mint Julep, il Seelbach, lo Champagne Cocktail, il Mary Pickford e il Mai Tai.

Dall’altre il Proibizionismo costrinse i barman Usa a estinguersi o a emigrare. Non potendo più lavorare in patria, questi “artisti del cocktail” portarono in giro per il mondo le tecniche e la moda della miscelazione, contaminandola, di volta in volta, con gli ingredienti e i gusti delle culture con cui venivano in contatto.


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