Quando si beve la grappa?

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Quando andrebbe bevuta la grappa? O meglio, è sempre vero che la grappa va proposta alla fine del pasto?

Se ponessimo queste domande in Italia, 9 persone su 10 risponderebbero: «senza dubbio la grappa va bevuta dopo aver mangiato, come digestivo o, ancora meglio, come ammazzacaffè (che, per chi non lo sapesse, visto che ci legge anche un pubblico straniero, è il rito tutto italiano di bere un bicchierino di alcolico dopo aver preso il caffè al termine dei pasti, specie dopo il pranzo n.d.r.)».

Tuttavia, le abitudini legate al consumo di grappa sono molto più ampie e si stanno evolvendo in fretta negli ultimi anni, sotto la spinta di una mixology che propone sempre di più la grappa come ingrediente speciale nella formulazione dei cocktail.

Ma andiamo con ordine e vediamo quando e come la grappa viene consumata.

LISCIA OPPURE ON THE ROCKS?

Lasciando da parte la grappa intesa come “medicinale” (utilizzata dagli alchimisti per la soluzione di essenze curative), dobbiamo pensare ai primi esempi di grappa come a una bevanda “rurale e virile”. La grappa era infatti considerata (ahinoi!) un sottoprodotto del vino, e gli alambicchi erano spesso costruiti alla bell’e meglio, nelle zone di campagna, vicino ai luoghi di vinificazione. Se ne otteneva una bevanda molto alcolica, probabilmente di odore sgradevole, da bere solo ed esclusivamente giovane. Un sorso da veri uomini, utilizzato per il suo apporto energetico ed energizzante. Esempi di questo consumo arrivano fino agli anni ’70-’80 in Italia, quando la grappa veniva consumato ancora in questo modo: un bicchierino per darsi la carica. In piemontese la grappa prendeva il particolare nome di branda dal verbo brandé che significa «andare, darsi da fare con veemenza». Era abitudine consolidata quella di farsi un grappino prima di andare a lavorare nei campi, la mattina presto.

Non è un caso che nel primissimo dopoguerra i produttori di grappa si possano sostanzialmente dividere in due categorie: i contadini-artigiani che la facevano in casa; e gli industriali, che ne distillano quantità enormi senza badare troppo alla qualità. Sarà verso la fine degli anni ’70 che in Italia torneranno i grandi maestri grappaioli, riscoprendo il distillato italico come espressione autentica dello spirito di un territorio vitivinicolo.

Comunque sia, la grappa si beve liscia, mai on the rocks. Il ghiaccio abbasserebbe troppo la temperatura del distillato, privandoci delle sue componenti aromatiche. Inoltre, la componente acquosa rovinerebbe l’intensità, la trama e la struttura, rendendo la grappa irriconoscibile.

Ciò non toglie che le grappe, soprattutto quelle più giovani, morbide e aromatiche (o aromatizzate) possano essere consumate nei mesi estivi a una temperatura leggermente più fresca rispetto a quella ambiente. Questo permette di non far prevalere l’alcol, che con il caldo tende a farsi sentire in maniera preponderante, di mantenere i profumi del distillato e di goderne tutte le sue caratteristiche organolettiche.

IL MITO DEL DIGESTIVO

Dicevamo che la grappa si consuma quasi sempre a fine pasto. Ma perché? Per spiegarlo dobbiamo risalire almeno al XVI secolo, quando Caterina de Medici portò a Parigi la sua corte di cuochi, pasticceri e liquoristi. Caterina diffuse in Francia il nobile piacere di concludere i pasti con un bicchierino alcolico, pratica che probabilmente risaliva all’uso medicale, che consigliava i liquori e le grappe come “veicoli” privilegiati per trasportare direttamente “nello spirito” le proprietà curative di erbe ed essenze.

La raffinatezza di Caterina si diffuse in tutta la Francia, ed è probabile che, da qui, influenzò l’aristocrazia europea. Il liquore a fine pasto – antenato dell’ammazzacaffè – era infatti “dominio” delle classi agiate, degno finale dei loro luculliani banchetti. Il miglioramento della produzione dello zucchero, avvenuto nel XVIII secolo, diede nuovo impulso alla liquoristica e spinse il consumo in questa direzione. Il popolo seguì l’esempio, ma aggiunse il caffè alle abitudini: il grappino serviva per pulire la bocca dall’amaro e aumentarne l’effetto “stimolante”.

E il digestivo? Bhe, qui dobbiamo sfatare un mito, anche se andrebbe contro i nostri interessi. La grappa purtroppo non ha un comprovato effetto digestivo. È pur vero che l’alcol, provocando vasodilatazione, facilita la produzione di succo gastrico; tuttavia appesantisce la digestione nel suo complesso (soprattutto dopo pasti molto calorici), costringendo il fegato a un lavoro extra. Tuttavia, con la giusta moderazione (e senza attribuirle magiche proprietà “digestive) il piacere di bere una grappa a fine pasto è innegabile.

LA GRAPPA, QUANDO NON TE LO ASPETTI

Perché allora non riscoprire la grappa come bevanda da meditazione, o come perfetto abbinamento al cioccolato o al piacere di un sigaro? La grappa, soprattutto quella affinata in legno, merita certamente un momento dedicato solo a lei per essere apprezzata nella sua pienezza. Lo stanno scoprendo anche in molti locali, dove i migliori bartender d’Italia e anche gli chef, utilizzano la grappa in modi del tutto inusuali, soprattutto per la miscelazione.

Qualche esempio tratto dall’esperienza di Marolo?

Il nostro Matteo Barbieri, barman dello storico Cappuccino da Angiolina di Modena, ha creato il perfetto cocktail da apericena. Si chiama Marolo Old Fashion e mixa Grappa di Barolo, zucchero, angostura, soda e drambuie (liquore scozzese al miele).


> LEGGI L’INTERVISTA A MATTEO BARBIERI

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Ancora di più ha osato Luigi Barberis, barman e mixologist del Caffè degli Artisti di Alessandria, oggi bar manager di Identità Golose. Per Marolo ha creato una “playlist” di cocktail da gustare in ogni momento della giornata. Tra le braccia di Morfeo, questo il nome del coktail, utilizza Milla il liquore alla camomilla con grappa insieme al Vermouth Ulrich Extra Dry e ad una punta Scotch Whisky torbato: il risultato è un afterdinner di sensuale avvolgenza.


> SCOPRI I COCKTAIL PREPARATI DA LUIGI BARBERIS

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Concludiamo la carrellata con una chicca, che mostra le potenzialità della grappa in cucina. Dobbiamo recarci al ristorante Il Centro di Priocca, in provincia di Cuneo. Qui, la chef stellata Elide Mollo e suo figlio Giampiero Cordero hanno dato vita ad una granita alla grappa. Viene divisa in due porzioni: una con Grappa di Moscato Apres e l’altra con Grappa di Barolo 9 anni. Servita dopo i formaggi, ne bilancia la grassezza, pulendo la bocca e preparando il palato all’arrivo dei dolci. Curiosi? Andatela a provare!


> LEGGI IL POST DEDICATO ALLA GRANITA ALLA GRAPPA DEL RISTORANTE IL CENTRO

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Angelo Ibba
Angelo Ibba
29 Aprile 2020 22:39

Ottima in tutte le sue versioni, la gusto e bevo con piacere a tutte le ore, la accompagno col sigaro toscano antica riserva, un vero piacere. Saluto cordialmente.