La Grappa a Londra secondo Marco Gobbato

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Nato a Biella, dal 2006 a Londra. Marco Gobbato ha la barba folta, una voce squillante una passione viscerale per il buon cibo.

Foodblogger, brand developer e futuro livello 3 del Wset, il più importante diploma da degustatore a livello internazionale. «Adoro cucinare, anche senza seguire fino in fondo le ricette», racconta. E ti sta subito simpatico, perché il suo approccio al food&wine non è da professore, ma da amatore vero.

Recentemente, Marco Gobbato*** ha ospitato sul suo profilo Instagram una bella chiacchierata con Lorenzo Marolo, portando a conoscere le grappe della distilleria di Alba a sui follower inglesi, che la grappa la conoscono per sentito dire, e spesso «ne hanno sentito male».

>> Guarda l’intervista su Instagram!

Abbiamo intervistato Marco Gobbato per capire come il distillato italiano per eccellenza è accolto in Uk, in un vortice di maldicenze, leggende e ancora poca conoscenza diretta.

Marco Gobbato, chi è “Marco Gobbato”?

Sono nato a Biella, classe 1980. Sono “salito” a Londra come molti, per imparare l’inglese e ci sono restato perché mi ha cambiato la vita. Ho lavorato per anni nel settore della ristorazione e dell’ospitalità, specializzandomi nella gestione di bar e pub. Lavorare al bancone è davvero un bel mestiere, ti dà tanto, ma ti richiede altrettanto. Ho così deciso d’investire sulla mia passione per il wine&food nel settore della comunicazione, utilizzando i social, il web e collaborando allo sviluppo di brand del settore.

Che rapporto hai con l’Italia?

L’Italia è la fonte d’ispirazione del mio gusto personale. L’Italia è la gioia di cucinare, di prendere i classici piatti italiani e farli come piace a me, anche senza seguire tutte le ricette. L’Italia è una nostalgia che porto dentro e, oggi, mi aiuta nel mio lavoro, perché diffondo anche un po’ d’Italia attraverso i miei canali social. Instagram è perfetto per questo scopo: si mangia e si beve sempre con gli occhi, prima che con la bocca.

Se a Londra dico «grappa», cosa hanno in mente?

La grappa italiana gode di una brutta reputazione fino al momento in cui non viene assaggiata. Qui pensano che sia un alcolico forte, virile, tagliente, un alcool che brucia ed è di pessima qualità. La cultura del vino è abbastanza povera, figuriamoci quella della vinaccia. Però, quando si comincia a spiegare cos’è la grappa e come viene prodotta, ad analizzarne gusti e sfumature, capiscono che è un prodotto nobile e se ne innamorano.

Come si dovrebbe comunicare, allora, la grappa ad un pubblico anglosassone?

Molti direbbero partendo dalle basi: dalla materia prima, dal metodo di distillazione, dagli invecchiamenti. Io sostengo che invece bisogna partire dal fondo. Bisogna che la grappa svecchi un po’ la sua comunicazione e cominci a parlare il linguaggio dei cocktail, molto più vicini al pubblico contemporaneo. Si può cominciare ad utilizzare la grappa nei cocktail per poi portarla fuori dai miscelati, facendola apprezzare in purezza, in tutte le sue sfumature.

Durante la diretta Instagram con Marolo, hai proposto due cocktail a base di grappa, ce li racconti?

Il primo è un Bloody Mary con Grappa Marolo di Gewürztraminer. Si prepara la base del Bloody Mary con succo di pomodoro e rosmarino, una goccia di tabasco e di salsa Worcester. Sale e pepe quanto basta. Poi si aggiungono 35 ml di grappa di Gewürztraminer Marolo. Il gioco è fatto. L’aromaticità della grappa si mescola perfettamente all’acidità del pomodoro, per un incontro “succoso” e delicato.


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E il secondo?

Un cold brew coffee con Grappa di Barolo 12 anni. Si mette la polvere di caffè in acqua per una notte, nel frigo, in modo che l’estrazione sia lentissima e delicata. Si filtra e si mette nello shaker con zucchero, ghiaccio, e Grappa di Barolo 12 anni di Marolo. Si agita il tutto col ghiaccio e lo si serve in una coppa da Martini: qui lo chiamano «Espresso Martini» (il nome ufficiale del cocktail) o «caffè shakerato», se volete. Ma la grappa gli dona un tocco in più, una profondità sensoriale inaspettata.


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C’è dunque futuro per la grappa a Londra?

Eccome. Sebbene sia un prodotto di nicchia, dalla sua ha la novità delle scoperte. E agli inglesi piacciono le novità. Soprattutto quelle di qualità, che si rivelano ottimi prodotti.


*** Marco Gobbato scrive su Salt’n Stir e potete seguirlo sulla sua pagina Instagram gobbatomarco

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