Fernet, storia di un mito | Le origini

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Il Fernet è un liquore dal colore scuro, con un’alcolicità compresa tra i 40 e i 45 gradi prodotto dalla macerazione di una miscela di erbe e spezie.

Può considerarsi a tutti gli effetti un amaro e la sua storia si lega a quella dei farmacisti-distillatori del XIX secolo, che furono i veri eredi degli alchimisti medievali.

Per capire la nascita del Fernet, di fatto, bisogna prima capire quella degli «elisir», veri e propri antenati della liquoristica contemporanea. La tradizione “amaristica” si coniuga infatti con quella della distillazione, che in Italia ha una storia antichissima, legata a doppio filo con la farmacologica antica.

UN «RIMEDIO» CONTRO IL COLERA

Come abbiamo visto nel nostro approfondimento dedicato agli Alchimisti, monaci, farmacisti e speziali avevano molto a che fare con l’alcool. Lo studiavano per le sue proprietà estrattive, lo distillavano con alambicchi artigianali e vi infondevano ogni tipo di erba e spezia, specie quelle officinali.

Gli amari nacquero indubbiamente come farmaci e l’alcool distillato come metodo per catturare l’essenza guaritrice (e spirituale) delle piante. In quanto farmaci, furono utilizzati almeno fino al XIX secolo. Non è un caso le che prime pubblicità di liquori vantavano proprietà miracolose: il loro obiettivo era quello di dimostrare una diretta correlazione tra gusto e benessere.

Per fare un esempio concreto, una delle prime reclame del Fernet su carta stampata (datata 1908), attribuisce all’amaro proprietà curative per l’apparato gastrointestinale, consigliandone l’acquisto presso le «principali farmacie».

La convinzione che gli «elisir» fossero equiparabili ai medicinali doveva essere così radicata che nel 1877, durante la terribile epidemia del colera, le case produttrici non si imbarazzavano nel definirlo un potente «anticolerico», da miscelare assieme all’acqua per poterla purificare: «Il Fernet», si legge nell’articolo pubblicitario, «estingue la sete, facilita la digestione, stimola l’appetito, guarisce le febbri intermittenti, il mal di capo, capogiri, mali nervosi, mal di fegato, spleen, mal di mare, nausee in genere. Esso è vermifugo-anticolerico».

Dovettero intervenire autorevoli dottori per smentire la favola. Come Costantino Gorini, docente in medicina dell’Università di Padova, il quale scrisse: «Sono assolutamente da rifiutarsi il Fernet, il Ferro-china e il Wermouth (sempre, lo ripeto) quando si tratti di usarli come correttivi di un’acqua sospetta».

DA FARMACO A PIACERE EDONISTICO

Oggi sappiamo bene che gli amari (come tutti i distillati) sebbene possano amplificare il potere officinale di alcune sostanze contenute nelle erbe, non hanno un’efficacia terapeutica dimostrata. Anche la tesi che l’amaro faccia bene allo stomaco, favorendo la digestione, è in parte dovuta al mito: se il contenuto di zucchero è elevato, potrebbe addirittura appesantire il processo digestivo, allungandone i tempi.

È anche vero che ci sono amari i cui estratti possono dare un boost al nostro organismo e, se bevuti in piccole quantità, donano una sensazione di forza e sollievo. Sta di fatto che il Fernet (così le bevande alcoliche in genere) nel corso del ‘900 perdette progressivamente la sua “aura curativa” per accedere di diritto a quella della bevuta corroborante e – ancor di più – edonistica. Ovvero, al puro piacere di consumare una bevanda senza il driver della salute, ma soltanto quello del piacere.

Collezione di Fernet storici

Collezione di Fernet storici

LA MISTERIOSA NASCITA DEL FERNET

Dunque, chi fu il primo ad inventare in Fernet? Perché si chiama così e quali furono le ragioni del suo successo?

Secondo la leggenda, la formula del primo Fernet venne perfezionata nel 1845 da Bernardino Branca, oriundo italo svizzero di Milano. Farmacista autodidatta, Branca racconta che a donargli la ricetta fosse stato un medico svedese, tale dott. Fernet, volontario in Italia nella prima guerra di indipendenza contro gli Austriaci. Nel 1848, a seguito della battaglia di Novara (in cui i Piemontesi furono gravemente sconfitti dal maresciallo Radetzky), Fernet trovò rifugio presso la famiglia Branca e decise di ricompensarla con la ricetta del suo elisir.

Altre fonti – anch’esse piuttosto difficili da provare – raccontano che il dott. Fernet (o Vernet) avesse trovato la «ricetta della lunga vita», ovvero la formula del suo amaro: il papà visse fino a 110 anni, la madre fino a 107 e lui morì non di vecchiaia, ma cadendo da cavallo alla veneranda età di 104 anni.

C’è un’ultima storia da raccontare, quella che vuole la parola Fernet derivata dal dialetto lombardo. Fer net, ovvero «ferro pulito», con riferimento all’asta di ferro che, resa incandescente, si immergeva nell’ infuso per renderlo lucido e brillante.

Creazione del dott. Fernet o tradizione della liquoristica italiana (che proprio nel XIX secolo raggiunse l’epoca del suo splendore) poco importa. Sta di fatto che il Fernet, come il Vermouth, divenne il simbolo del bere italiano. Se quest’ultimo era però indicato come aperitivo, il Fernet si ritagliò la sua nicchia nel settore dei “digestivi”, diventando – per forza di marketing, ma anche per originalità del prodotto –  l’amaro più consumato nel mondo come fine pasto.


>> La storia del Fernet continua sul prossimo post!

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