Di cosa sa la grappa?
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Aromi primari, secondari e terziari costituiscono l’ossatura di una grande grappa. Imparare a leggerli e classificarli è il modo migliore per capire la qualità di un distillato e svelarne il potenziale espressivo: proprio come un’opera d’arte.
Leggendo la prefazione di P. Zanoni al libro di Luigi Odello Grappa, tra assaggi e alambicchi si legge:
Non ha senso parlare di grappa se non si parla di grappa di qualità. E se questa esiste solamente in funzione della capacità di un’acquavite di soddisfare il bisogno edonistico del suo fruitore, è altrettanto vero che il consumatore potrà trarre il massimo piacere dalla grappa solo se sa cogliere in essa tutto il potenziale espressivo
Senza «cogliere il potenziale espressivo di una grappa», sembra suggerire l’autore, gran parte di ciò che la grappa comunica viene a perdersi.
La grappa di qualità può essere paragonata a un’opera d’arte. Il lettore può apprezzarla a più livelli. Potrà restare in superficie affezionandosi all’armonia delle forme. Ma più studierà il contesto storico in cui è stata prodotta, la biografia dell’autore, lo stile, le luci e le ombre dei dettagli e i quesiti universali che solleva, più l’opera gli apparirà profonda, stratificata, affascinante e, soprattutto, soddisfacente.
Così accade per una buona grappa, il cui potenziale è certamente espresso dalla qualità delle materie prime e dalla professionalità del distillatore, ma, in buona parte, anche dalle conoscenze del fruitore. Rubando il claim di una nota pubblicità, se il bevitore di grappa non partecipa in modo attivo a capire ciò che sta bevendo, «gode solo a metà».
Dunque, di cosa sa la grappa?
Soprattutto, quali sono gli elementi distintivi che bisogna cogliere in fase di assaggio?
AROMI VARIETALI E PRIMARI
La grappa è vinaccia. Di più. La grappa è vinaccia italiana, distillata in Italia, da vinaccia italiana, ovvero ottenuta da uve coltivate esclusivamente sulle colline del Belpaese. Uve che hanno un preciso carattere e differenze varietali marcate. Una buona grappa, di conseguenza, sarà orgogliosa della propria materia prima: non la vorrà “nascondere” come avviene per altri distillati, dove la personalità del cereale, del tubero o della graminacea utilizzata non è certo un elemento da portare in primo piano.
Il primo e fondamentale indizio di qualità da ricercare in una grappa è dunque quella della sua “appartenenza”, ovvero tutta quella gamma di aromi, detti primari, che derivano in modo diretto e univoco dalla varietà di vinaccia utilizzata.
Una buona grappa, a qualunque grado di invecchiamento, dovrà portare rispetto verso questi aromi primari e, in qualche modo, denunciare in modo trasparente la sua “origine”. È bene sottolineare che gli aromi primari sono più evidenti nelle grappe giovani, ovvero quelle che non subiscono affinamento in legno. Qui i profumi delle vinacce devono essere ben distinguibili, anzi, saranno quelli prevalenti.
Si tratta di profumi freschi, fruttati, floreali o erbacei, che si caratterizzano in modo esclusivo se il vitigno appartiene alla famiglia degli «aromatici» (moscato, malvasia, traminer, brachetto) o «semiaromatici» (riesling, chardonnay, merlot, cabernat sauvignon). In questo caso il bevitore deve conoscere i profumi dei rispettivi vitigni per apprezzare se il distillatore di queste grappe ha saputo, o meno, conservarne il bouquet originale.
AROMI SECONDARI
La grappa è vinaccia. Ma è vinaccia fermentata, ovvero utilizzata dal vinificatore per produrre, in prima battuta, un certo tipo di vino.
Con aromi secondari si intendono quelli derivanti dalla fermentazione alcolica, in particolare esteri e alcoli superiori che le vinacce hanno sviluppato mentre trasformavano lo zucchero in alcool. Bisogna stare molto attenti a questi “secondari” in fase di distillazione, perché se non “rettificati” attraverso le scelte del distillatore, rischiano di produrre odori assai sgradevoli sul prodotto finale.
>>> Leggi il nostro post dedicato alla rettificazione della grappa
Per fare un esempio di aroma secondario possiamo considerare le uve di sauvignon. Povere di aromi primari, durante la fermentazione sviluppano alti concentrati di composti detti «tioli», il cui descrittore è l’odore di pompelmo, il bosso e la frutta tropicale. Se non “controllati” in fase fermentativa, tuttavia, i «tioli» sviluppano odori che ricordano l’urina di gatto. Non certo piacevole.
Gli aromi secondari della grappa completano dunque quelli primari e compongono il cosiddetto bouquet: si tratta ancora di profumi vegetali e fruttati.
AROMI TERZIARI
La grappa è vinaccia, vinaccia fermentata e… tempo. E il tempo di una grappa si misura in anni passati nelle botti di legno. Dunque anche il “contenitore” della grappa gioca un ruolo fondamentale nella sua composizione aromatica (solo se è di origine vegetale però, in quanto vetro e acciaio sono “neutri”).
Gli aromi terziari sono dunque quelli derivati da lento e costante contatto tra il distillato e il legno che lo ospita, il quale, grazie all’azione estrattiva dell’alcool, cede note particolari, che dipendono principalmente dall’essenza utilizzata. Una botte di rovere francese, ad esempio, cederà sentori vanigliati; al contrario una di una di mandorlo caratterizzerà la grappa invecchiata con il suo tipico aroma mandorlato.
Nello sviluppo degli aromi terziari giocano altri due fattori fondamentali: il mix di essenze legnose e l’utilizzo di botti in cui abbia già sostato un distillato. In entrambi i casi, si tratta di una scelta dell’affinatore che, adoperando la sua esperienza e il suo gusto personale, “sposta” la grappa di botte in botte, per il tempo che ritiene opportuno. In questo modo, “giocando” con botti di diversi legni o da diversi distillati (whisky, sherry o Barolo Chinato come per la Grappa di Barolo 10 anni) si dona alla grappa un “vestito” che porta la “firma” del produttore. Il quale, per non “sfigurare” il prodotto, dovrebbe sempre e comunque rispettare l’eleganza e il portamento della grappa originale.
Tra gli aromi terziari della grappa, il degustatore cerca note legnose, balsamiche e speziate, ma anche note di tabacco, di vaniglia, cacao e, addirittura, liquirizia.
Interessante articolo sulla Regina dei distillati (almeno per me). Penso che la grappa sia un culto, un motivo per stare in buona compagnia accompagnando un buon sigaro nel dopo cena. Ho molto apprezzato la Aprés, molto buona
La Grappa è un culto, siamo assolutamente d’accordo! Un ottimo modo per “meditare” e godersi appieno il momento. Grazie per questo commento e per l’apprezzamento! Un caro saluto e in bocca al lupo per questo momento difficile! #restiamoacasa, con le cose buone!