Cosa c’è nella grappa?

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Se vi dicessimo che tra i componenti della grappa quello quantitativamente più importante è… l’acqua? Potrà stupire, ma il più celebre dei distillati italiani è in gran parte costituito da H2O.

L’acqua contenuta nella grappa deriva da due principali fattori:

  1. L’umidità delle vinacce e la condensazione del vapore utilizzato per la distillazione (anche la grappa detta «a pieno grado», cioè senza diluizione, non può superare i 60% di contenuto alcolico)
  2. La diluizione della stessa grappa con acqua distillata, al fine di abbassare il grado alcolico che stilla dall’alambicco, compreso, in media, tra i 70 e gli 86 gradi.

L’acqua costituisce poco meno o poco più della metà della grappa, dal 40 al 60% del volume. La rimanente porzione (dal 39 al 59%) è formata da alcool etilico, costituente fondamentale perché è il solvente di moltissime sostanze contenute nelle vinacce (resine, alcaloidi, polifenoli…) che donano al nostro distillato il suo profilo aromatico e il colore.

Il rapporto tra acqua e alcool etilico dipende dalle scelte del distillatore e dal tipo di grappa che si vuole ottenere, tenendo presente che non si può definire grappa un distillato al di sotto dei 37,5 gradi alcolici.

L’importanza dell’«uno per cento»

Stabilito che acqua e alcool etilico sono i principali costituenti della grappa, proviamo a quantificarne gli elementi. Prendiamo una bottiglia di grappa il cui volume sia costituito dal 54% di acqua. A partire da questo assunto, noteremo che il restante 45% è alcool etilico. Risultato? Il 99% di una grappa è composta da elementi non caratteristici: l’acqua non ha colore, odore e sapore; mentre l’alcool è incolore e presenta naso e bocca “brucianti”, senza gusti.

Sorge spontanea una domanda: come è possibile percepire le sfumature di una grappa, godere dei profumi, degli aromi e delle differenze che caratterizzano i vitigni da cui viene distillata?

La risposta si annida nei dettagli. Precisamente, in quell’1% di volume che non abbiamo ancora considerato. È in questa minuscola porzione della nostra bottiglia che si concentra l’arte dei mastri grappaioli, è nell’1% della grappa che si schiude la loro capacità di estrarre centinaia e centinaia di sostanze che, pur minoritarie, sono alla base dell’eccezionale resa aromatica del più noto dei distillati italiani.

Cosa c’è in questo 1% di grappa che la rende speciale? Vediamone nel dettaglio i componenti.

Alcol Metilico 0,40%

Uno dei componenti più temuti: ad alte concentrazioni è tossico per l’uomo. La legge ne fissa il limite massimo a 1 grammo su 100 ml di alcol anidro (cioè a 100°). Il metanolo può svilupparsi durante la conservazione non ottimale della vinaccia o da una non corretta distillazione della testa: i mastri grappaioli sanno come mantenere il metanolo a livelli trascurabili per la salute.

Alcoli Superiori 0,25%

Hanno nella loro struttura chimica più di due atomi di carbonio. I più importanti sono gli isoamilici, l’isobutilico, il propilico e il 2-butanolo. Quest’ultimo è stato proposto come elemento di identificazione dell’acquavite di vinaccia, perché non è presente in altri distillati di vino. Gli Alcoli superiori si formano durante la fermentazione alcolica e l’insilamento delle vinacce. Sotto il profilo sensoriale sono importantissimi: donano alla grappa i suoi sentori vegetali e, sposando gli acidi, danno origine ad esteri dall’aroma fruttato.

Esteri 0,20 %

Numerosissimi e importanti per il loro effetto organolettico. Si formano dalla combinazione di un acido con l’alcool. Hanno un ruolo fondamentale nella formazione del bouquet perché responsabili di gradevoli sensazioni olfattive e gusto-olfattive.

Gli esteri vengono suddivisi in due gruppi: volatili odoriferi, che derivano dall’acido acetico; neutri: acidi fissi, principalmente mallico e tartarico.

Acidi 0,10 %

Sono acidi organici che si formano durante la fermentazione alcolica e l’insilamento delle vinacce. Il più presente è l’acido acetico. In quantità modeste, contribuiscono a rafforzare l’aggressività dell’alcol sulla lingua e giovano al gusto e al suo profumo soprattutto per la tendenza a legarsi con gli alcol per dare esteri profumati. Tra di loro l’acetato di etile è quello solitamente più presente: non dà emozioni coinvolgenti ma esalta le componenti fruttate. Il problema è che quando supera una certa soglia diventa arrogante e rimanda a sensazioni acetose.

Aldeidi 0,05%

Altra famiglia importante è quella delle aldeidi, sempre evidenti anche a basse concentrazioni. A seconda della tipologia danno segnali olfattivi differenti: dalle note di erba appena falciata all’odore di muffa o, in casi di surriscaldamento della vinaccia durante la distillazione, al sentore di bruciato. La categoria annovera anche le pregiate aldeidi acquisite durante l’invecchiamento: quelle del vanigliato.

Terpeni <0,05%

Combinazioni di atomi di carbonio e idrogeno, i terpeni sono legati in catene che assumono le più diverse conformazioni spaziali, veri e propri «ricami naturali». Passano alla grappa dalle vinacce attraverso la distillazione e danno origine a una spiccata serie di profumi e si trovano con concertazioni maggiore nelle grappe da vitigno a frutto aromatico, quali il Moscato, il Müller Thurgau e il Riesling.

 

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