Baijiu e grappa, quali sono le differenze?

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Baijiu, chi era costui?

Il Baijiu è, semplicemente, il distillato più bevuto al mondo.

Questo perché è lo “spirito della Cina”, la bottiglia che – al posto del vino – non manca mai sulle tavole della Grande Muraglia, dove se ne consumano più di 20 miliardi di litri ogni anno! Viene bevuto durante i pasti, proposto per i brindisi, offerto in bicchierini di ceramica per celebrare questo o quell’evento. Soprattutto, bere Baijiu è un obbligo sociale in caso di riunioni, stipula di contratti, pranzi ufficiali, eventi famigliari o lavorativi: tutti hanno una bottiglia pronta da stappare e nessuno può rifiutare un bicchiere offerto… una questione apotropaica. Come la grappa italiana nel dopoguerra, il Baijiu è il distillato che identifica le tradizioni alcoliche di una nazione, e proprio come la Grappa si presenta in moltissime forme, dai prodotti industriali a bassissimo prezzo fino alle produzioni artigianali uniche e limitate a poche centinaia di pezzi, al cui acquisto si scialerebbe lo stipendio mensile di un operaio (occidentale).

LA PRODUZIONE DEL BAIJIU

La storia del Baijiu si fa risalire al 135 a.C., un’altezza cronologica interessante perché simile alle prime notizie occidentali sugli alambicchi, contenute negli scritti di Zosimo d’Alessandria (IV – III secolo a.C.). Il Baijiu, che in cinese significa «liquore bianco» veniva prodotto scavando buche nel terreno e facendo fermentare un misto di acqua e cereali. Una tecnica che ha influenzato la produzione contemporanea, che differisce molto dalla produzione dei distillati occidentali.

La materia prima dalla quale più comunemente si ottiene l’acquavite cinese è il sorgo, il riso, ma anche il frumento, il miglio, il mais, l’orzo ed altri cereali. Si prepara il cereale macinandolo, bagnandolo con acqua calda e poi cuocendolo a vapore sospeso su ceste di vimini. Si procede poi a stendere la cotta sul pavimento perché possa raffreddare. È a questo punto che si procede con l’inoculo del qū, il fungo responsabile della fermentazione alcolica. Particolarità di questa fase è che non si utilizzano vasche d’acciaio, ma – come nell’antichità – fosse di argilla scavate direttamente nel terreno dove anni (addirittura secoli) di continue fermentazioni hanno prodotto una flora batterica che agisce sulla massa di cereali come potrebbero fare le botti vecchie sul vino.

La distillazione del fermentato avviene a vapore (in caldaiette simili a quelle usate per la distillazione a vapore della grappa) e si può procedere a più distillazioni, fino a quando non si esauriscono gli zuccheri e si raggiunge il grado alcolico desiderato. L’invecchiamento, al contrario, è assai diverso da quello della grappa: il Baijiu matura in recipienti di terracotta vetrificata per almeno un anno prima di essere diluito alla gradazione di consumo.


Baijiu

Anfore di terracotta in cui affina il Baijiu


Esistono ovviamente metodi meno raffinati di quello descritto, poiché la fabbricazione dell’acquavite è patrimonio dell’intera Cina rurale, e la sua qualità dipende molto dalla qualità dell’inoculo, dalla tecnica di fermentazione e da quella di distillazione, oltre che dall’uso di materie prime differenti o in miscela tra loro.

Questa differenza di tecniche e, soprattutto, di materie impiegate stabilisce il valore del Baijiu, i cui esemplari più preziosi sono considerati al pari dei nostri distillati più rari.

UN CARATTERE “POCO OCCIDENTALE”

Un’ultima differenza va sottolineata rispetto alla grappa. Il Baijiu, tipicamente, ha un contenuto alcolico che sfiora i 60° e ha un carattere piuttosto “aggressivo”, ricco di sapori terrigni ed erbacei che possono renderlo “scontroso” al palato occidentale: ecco perché quasi nessuno ha sentito parlare del Baijiu al di fuori della Grande Muraglia, e sono ancora meno i suoi consumatori non cinesi.

I grandi marchi di Baijiu, tuttavia, non si sono arresi. Cavalcando la storia di questo millenario distillato, si stanno affacciando sul mercato occidentale con versioni del Baijiu particolarmente rare e raffinate (come il Moutai, detto anche il «liquore degli imperatori»), oppure un poco più “neutre”, adatte alla preparazione di cocktail dall’indubbio fascino orientale.

Chissà se, tra qualche anno, ci troveremo ad ordinare un “Pechino” Mule nel bar sotto casa, dove il Baijiu ha preso il posto della Vodka? E non sarà neppure un locale gestito da cinesi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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