Anatomia della grappa, il legno

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Vinacce, fuoco e …legno.

Questi sono gli elementi chiave che compongono l’Anatomia della Grappa. La vinaccia – lo abbiamo visto – è il corpo della grappa, la materia fisica in cui sono presenti le sue caratteristiche originali. Il fuoco è l’anima, l’impalpabile «soffio di energia» che compie la trasformazione della materia in «spirito».

E il legno? Che ruolo svolge nella produzione della grappa?

Seguiteci in questo nuovo articolo dedicato all’Anatomia della Grappa e scoprite come il legno è una componente essenziale per l’evoluzione del nostro distillato preferito.

UN ABITO SU MISURA

Una delle più interessanti definizioni del ruolo che il legno svolge sulla grappa è di Paolo Marolo, fondatore dell’omonima distilleria. Marolo paragona il legno ad un vestito sartoriale, fatto su misura: «Durante l’invecchiamento – sostiene Paolo Marolo – il distillatore diventa un sarto. Usa le botti per cucire abiti su misura. Come farebbe un vero stilista, il suo ruolo non è quello di nascondere il “corpo” della grappa, ma di esaltarne la naturale bellezza». Le botti di legno, dunque, non sono mai il fine di chi produce la grappa, piuttosto un mezzo. Sono strumenti attraverso cui un distillato che presenta già ottime caratteristiche di partenza può trovare più eleganza, più morbidezza e più ricchezza sensoriale. Sono l’eleganza dell’eleganza, per così dire.

LA NATURA E L’ARTE DELL’AFFINAMENTO

Il legno delle botti è un punto di contatto molto intimo tra la grappa e l’idea che il mastro grappaiolo ha del futuro della sua “creatura”. Decidersi per una botte (o un percorso di invecchiamento che coinvolgerà più botti) è un po’ come aiutare un figlio adolescente nella scelta della scuola superiore. Bisogna intuire la sua vera vocazione senza rinunciare alla formazione; coniugare le propensioni naturali alla solidità degli insegnamenti, perché sviluppi competenze da persona adulta. Così la grappa ha una sua natura ineliminabile data dalle caratteristiche del suo vitigno. Queste caratteristiche non devono mai essere sottovalutate, né annullate dall’uso dei legni, pena la distruzione di gran parte della qualità intrinseca del distillato. Ma una volta scelto l’invecchiamento, il legno non è una materia inerte. Agisce lentamente sulla soluzione alcolica della grappa e, negli anni, la arricchisce di sostanze aromatiche, la fa “maturare”. Una grappa invecchiata in botti di rovere sarà certamente diversa da una affinata in botti di ciliegio, così come una botte utilizzata per il Barolo Chinato (come per la Grappa di Barolo 10 anni) donerà sentori assai diversi da una utilizzata per affinare lo Sherry.



Non è questa la sede per approfondire tutte le possibili combinazioni tra essenze legnose e botti di secondo passaggio, ovvero che hanno giù ospitato vini e distillati al loro interno. Ma le sfumature aromatiche che ogni legno è in grado di apportare alla grappa sono ben presenti nella mente del mastro grappaiolo che, proprio a partire dalle loro possibili combinazioni, intuisce il potenziale evolutivo della sua creazione. È l’arte dell’affinamento, quella scienza squisitamente artigianale che, al pari della distillazione, può rovinare una grappa o creare un capolavoro.

GLI SCAMBI CON L’ESTERNO E LA PARTE DEGLI ANGELI

Il rapporto tra legno e grappa produce modifiche organolettiche sul distillato, ma anche alterazioni fisico-chimiche che la cambiano nel profondo. Il legno cede “essenze” che il distillatore esperto sa combinare, ma funge anche da tramite con l’esterno, in particolare con l’aria e l’umidità presenti nei locali di invecchiamento. D’altra parte, il legno è una materia porosa, traspirante, viva. Dobbiamo dunque pensare all’invecchiamento in legno come a qualcosa di dinamico e attivo, non di sterile o ermetico.

Durante l’affinamento in legno la grappa viene sottoposta a due tipi di “movimento”. Il primo è quello di contrazione \ dilatazione dato dal naturale susseguirsi delle stagioni. Le temperature rigide fanno contrarre il distillato nelle botti, mentre il caldo ne aumenta il volume. Questa naturale alternanza (che nel vino viene accuratamente evitata grazie al condizionamento dei locali di affinamento) è voluta: trascina con sé le sostanze contenute nel legno e innesca quelle reazioni chimiche che, con il passare degli anni, donano alla grappa i suoi aromi terziari (tabacco, legno, cacao, caffè, liquerizia, vaniglia…), nonché il caratteristico colore ambrato.

Il secondo movimento è quello della traspirazione. Il legno permette uno scambio di ossigeno interno-esterno che, lentamente, comporta una diminuzione del volume. Attraverso il legno passano infatti l’ossigeno e le componenti volatili della grappa (soprattutto acqua e alcool) che, per osmosi, filtrano all’esterno e, infine, evaporano. È la cosiddetta Angels’ Share, la «Parte degli angeli», quella naturale diminuzione di volume a cui ogni distillato invecchiato in legno va incontro. La «Parte degli Angeli» (così chiamata perché un tempo si pensava fosse la quota che la grappa donasse al cielo) è una perdita cospicua, può raggiungere addirittura il 40% del totale su di un distillato di 20 anni. Ma è fondamentale. Concentra in modo lento e progressivo il volume alcolico della grappa e, nel contempo, favorisce una naturale e duratura stabilizzazione di tutti quei cambiamenti fisico-chimici avvenuti proprio grazie all’azione traspirante del legno.

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