Storia dell’alambicco, l’epoca moderna
Con questo post si conclude la nostra storia dell’alambicco. Dai distillatori pionieristici dell’antichità, attraverso la ricerca alchemica della quintessenza, l’epoca moderna e contemporanea procede ad una razionalizzazione delle tecniche di distillazione. L’alambicco non è più un elemento magico-mistico, ma uno strumento di lavoro che viene reso sempre più efficiente attraverso le conquiste della tecnica dell’era industriale. Obbiettivi, aumentare il grado alcolico del distillato e studiare macchine a ciclo continuo, che distillino cioè tutta la materia prima disponibile in modo automatico.
In epoca moderna si sono sviluppati tre metodi di riscaldamento degli alambicchi: quello a fuoco diretto, quello a bagnomaria e quello a vapore:
- Fuoco diretto: il più “classico”, ossia molto simile alla prassi di riscaldamento originaria dell’alambicco con fonte di calore sotto la camera di combustione.
- Bagnomaria: appannaggio esclusivo di quelle sostanze il cui punto di ebollizione è inferiore a quello dell’acqua, una tecnica di estrazione lenta e dosata.
- Riscaldato a vapore: il più utilizzato nelle fabbriche poiché risulta molto efficace e veloce, anche se più standardizzato.
Marolo utilizza la distillazione a BAGNOMARIA. Tecnica antichissima in cui il vapore circola in una intercapedine che riscalda la vinaccia posta all’interno della caldaia. L’alcol etilico e le sostanze contenute nella vinaccia evaporano, passano nella colonna di distillazione e vengono poi fatte condensare in una serpentina. Questo metodo garantisce un’estrazione delicata gli aromi della vinaccia.

Particolare dell’alambicco a bagnomaria della distilleria Marolo
LA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE

Locandina pubblicitaria degli alambicchi Deroy
Durante e dopo la rivoluzione industriale, sono stati creati dei nuovi modelli di alambicco a vapore idonei a sfruttare queste nuova modalità. Gli alambicchi a vapore erano l’ideale per distillare materie pastose, come le vinacce. Uno dei modelli più diffusi fu inventato dal parigino Deroy, un alambicco capace di sfruttare una corrente di vapore inviata da un generatore verso una caldaia a doppio fondo. Il Deroy aggiunse all’alambicco bruciatore una lente di rettificazione per ottenere acquaviti più alcoliche.
La lente di rettificazione è uno strumento posto sul capitello che aiuta i vapori della distillazione a “perdere” acqua facendola condensare prima del suo arrivo alla serpentina refrigerante.
DISTILLAZIONE A VAPORE
A partire dal metodo Deroy, per distillare più dolcemente la materia prima ed estrarre le sostanze aromatiche presenti in un fermentato (le vinacce della grappa ad esempio), si perfezionarono sistemi detti in corrente di vapore. Il sistema prevede due caldaie: nella prima si produce un intenso getto di vapore, mentre nella seconda si pone la materia prima da distillare. Nella fase iniziale entrambe le caldaie vengono riscaldate sino ad ebollizione del contenuto. Successivamente si ferma il riscaldamento nella seconda caldaia. Il vapore della prima caldaia giunge nella seconda, e gorgogliando porta con sé tutte le sostanze volatili, compreso l’alcol.
L’applicazione di questa tecnica al fine di ottenere la grappa, si deve in gran parte a Enrico Comboni (1850-1900), professore di chimica alle scuole enologiche di Conegliano e di Asti: oggi, più del 90% della Grappa prodotta è distillata a vapore!

Alambicco con calderine a vapore
GLI APPARECCHI CONTINUI
Gli alambicchi originari presentavano l’inconveniente di funzionare in maniera discontinua e di fornire nella prima distillazione un liquido molto acquoso che per essere trasformato in acquavite necessitava di un’altra distillazione.
Nel 1800 l’inventore Edoardo Adam ovviò a questo inconveniente costruendo un apparecchio diviso in tanti piccoli vasi ovoidali, disposti orizzontalmente e contenenti essi stessi del vino. Questo alambicco faceva in modo che le parti meno volatili e più acquose si condensassero prima, aumentando così la gradazione dei vapori d’alcool quasi puro. Ma la vera innovazione fu che, quando il materiale da distillare (vino in questo caso) veniva ad esaurirsi nella caldaia, una serranda idraulica consentiva un nuovo riempimento.
Fino all’800 gli alambicchi erano ancora strumenti piccoli, di capacità limitata. Si distillava poca materia prima alla volta. Fu con le innovazioni di Edoardo Adam che si aprì la strada alla distillazione continua industriale, capace di estrarre grandi quantità di alcool in poco tempo, esaurendo tutta la materia prima a disposizione.
LA COLONNA DI DISTILLAZIONE
Col passare del tempo, si svilupparono altre apparecchiature che entrarono in concorrenza con quelle derivanti dal “metodo Adam”, che fu costantemente perfezionato, fino alla creazione degli odierni alambicchi. Una delle prime colonne di distillazione, che ancora sono parte fondamentale degli strumenti contemporanei, fu inventata dal fiorentino Baglioni nel 1813. Al suo interno, dei piccoli piatti con campanelle e tubi di calata. In questo modo era come avere più alambicchi uno sopra l’altro e il distillato che ne usciva era più ricco di alcol, abbreviando l’intero processo.

Particolare della colonna distillazione di Marolo
DISTILLAZIONE CONTINUA
Tra il 1817 e il 1899 la tecnologia degli alambicchi per bevande alcoliche fu costantemente perfezionata al fine di creare un’industria della distillazione, capace di trasformare enormi quantità di materia prima fermentata (vino, vinacce, mosti cerealicoli, succhi di frutta…) in prodotti ad alto titolo alcolico, senza interrompere la distillazione.
Gli apparecchi continui a colonna, escogitati, tra gli altri da Pistorius, Cail, Callier-Blumenthal, Coffey, Savalle, Champonnois ed Egrot sono alla base dell’odierne tecniche industriali, che producono distillati puliti e chimicamente perfetti, ma con profili aromatici standardizzati. In sintesi, questi nuovi sistemi, adottando molte delle innovazioni precedenti, sono costituiti da colonne dette “a piatti”, perché suddivise da diaframmi metallici muniti di fori a camino (ciascuno sormontato da una campana) e di tubi di scarico. Nella colonna s’immette il liquido da riscaldare; il vapore sale incanalandosi nei fori a camino, mentre in ciascun piatto si raccoglie il liquido di condensazione che defluisce sul piatto inferiore ed è attraversato dai vapori che si liberano dalle campane. Si realizza così un progressivo arricchimento in alcol dei vapori che si formano nei piatti, sino alla loro uscita in testa alla colonna, mentre il liquido residuo va allo scarico.
DISTILLAZIONE INDUSTRIALE CON DISALCOLATORI
A partire dagli anni ’60 in Italia si cominciarono a costruire impianti di distillazione industriale di grappa. In questi sistemi, la materia prima viene introdotta automaticamente con tramogge in grandi disalcolatori verticali o orizzontali. Una coclea porta in continuo la vinaccia nella camera di distillazione, dove viene immesso vapore vivo. Regolando il livello di immissione delle vinacce si determina il contatto tra queste e il vapore, che ne provoca la relativa disalcolazione (separazione della parte alcolica e delle sostanze volatili). Mentre la vinaccia esausta viene scaricata, i vapori idroalcolici procedono alle colonne a piatti, che si occupano di separare il cuore dalle teste e dalle code – operazione che, nella distillazione artigianale o discontinua, viene eseguita a mano.

Schema disalcolatore
LA RISCOPERTA DELLA TRADIZIONE
In opposizione ai metodi continui e industriali, alcune realtà artigianali hanno riscoperto i metodi tradizionali della distillazione. Coniugando tecnologie moderne a tecniche risalenti ad epoche pre-industriali, a partire dagli anni ‘70 si è assistito ad una rinascita dell’arte del distillato secondo metodi discontinui a bagnomaria, a vapore e a fuoco diretto. Si tratta di tecniche certamente più lente e meno “produttive”, tuttavia estremamente rispettose della materia prima perché controllate, passo passo, dalla mano e dall’esperienza dell’uomo. Il quale, dosa l’estrazione di alcool e sostanze aromatiche secondo il proprio gusto e le caratteristiche della materia prima, creando prodotti unici, espressione di uno stile inimitabile.

Mastro grappaio all’opera nella distilleria Marolo