La grappa in USA: una questione di cuore e qualità
La Grappa in Usa? Lo abbiamo chiesto a Paolo Boselli, uno che di spirito ne ha da “vendere”. Da oltre 30 anni a questa parte seleziona e propone sul mercato americano il meglio della produzione wine & spirits italiana, con particole attenzione a prodotti di elevata qualità artigianale, capaci di raccontare l’unicità e la ricchezza delle regioni vitivinicole del Belpaese.

Paolo Boselli
Dal 1997, attraverso la sua azienda PREMIUM BRANDS di Forest Hill – New York, propone le grappe Marolo negli Stati Uniti, paese che ha girato in lungo e in largo e di cui conosce con precisione gusti, abitudini e tendenze di mercato.
A lui abbiamo chiesto di raccontarci come la grappa viene accolta negli Usa; come da drink di basso livello – «lo scarto dello scarto del vino», come lo definiva il New York Times nel 1955 – stia conquistando una fetta di pubblico sempre più interessata e specifica. E, soprattutto, come, attraverso la qualità e la formazione, la grappa saprà competere su di un mercato già molto maturo.
Da quanto conosci i Marolo e come hai cominciato a proporre le loro grappe?
Conobbi Paolo Marolo negli anni ‘90 e pensai da subito di importare i suoi straordinari prodotti. Ma questo sogno si è realizzato solo sette anni più tardi. La burocrazia Usa è molto stringente e complessa sull’importazione di alcolici: oggi possiamo farlo attraverso una società di servizi. Io percorro in lungo e in largo gli Stati Uniti per far conoscere e apprezzare le grappe della distilleria albese.
Se dico «grappa», cosa mi rispondono gli americani?
Ci sono tre tipi di risposte:
- Grappa? «No idea».
- Peggio: «Ah yes, it’s jet fuel» (è carburante per aeroplani n.d.r.)!
- Grappa? «La conosco, la apprezzo e tutte le volte che mi capita sono felice di poterla assaggiare, al ristorante o, magari, in Italia, se ho la fortuna di farci un viaggio
La grappa non ha mezze misure negli Usa, perché è un mercato di nicchia. Molti non la conoscono o la disprezzano per sentito dire. Chi la assaggia, al contrario, non se la dimentica.
Da cosa è data la percezione negativa della grappa?
Purtroppo il mercato americano è stato invaso per anni da prodotti chiamati grappe che, in realtà, non meritavano l’appellativo. Distillati della peggior specie, che ne hanno minato l’immagine. Era un prodotto molto approcciabile ed economico, non qualitativo, che ha creato un violento rigetto (vedi le definizioni di grappa del New York Times in questo articolo ndr). È solo a partire dagli anni ’80 e ’90 che la grappa recupera terreno, in concomitanza con il boom dei vini italiani. La cultura enologica degli Stati Uniti è cresciuta e con essa la spinta a proporre grappe di qualità.
Cosa è cambiato?
Facciamo una metafora. Se l’immagine della grappa era profondamente ammalata, non bastava dare degli antibiotici per “curarla”. Bisognava creare prodotti eccezionali, in grado di riportare il distillato italiano ad una condizione ben più che accettabile: straordinaria. È questo rinnovato spirito di eccellenza – che contraddistingue anche i prodotti Marolo . che ha salvato e continua a distinguere la grappa italiana dagli altri distillati made in Usa.
A proposti di distillati, come si posiziona la grappa nel mercato degli spirits americano?
Esistono due tipi diversi di mercato: quello dei miscelati e quello degli straight, cioè dei distillati consumati puri oppure on the rocks. Il primo ha fatto esplodere i consumi di alcuni distillati grazie al successo di massa dei cocktail (vodka, gin, rum ad esempio). Il secondo è un segmento specializzato: degustatori di Whisky single malt, Bourbon, Tequila, Brandy, Cognac… i cosiddetti brown spirits perché invecchiati in botte per molti anni. Questo è il pubblico a cui si rivolge la grappa, un gruppo di persone che hanno un vero e proprio culto del bere bene e cercano prodotti speciali, emozionati. Certo il mercato della grappa in Usa è ancora da creare: mentre i brown spirits possono vantare prodotti invecchiati per decine e decine di anni – per veri intenditori – solo oggi la grappa comincia ad affacciarsi con invecchiamenti di 15-20 anni.
Perché ci si innamora della grappa?
Credo per la sua componente esotica (ride n.d.r.). Significa che la grappa ha un forte appeal italiano. È un prodotto di nicchia, ma proprio perché di nicchia, può differenziarsi dagli altri e offrire uno spaccato dell’Italia, delle sue tradizioni e della sua “bontà”. La grappa è vista come un prodotto assolutamente italiano, non europeo: questa è la vera differenza. Una unicità che crea fortissime aspettative e deve essere preservata solo e soltanto attraverso la qualità.
Il futuro della grappa in USA è roseo?
Diciamo che molto dipenderà dai prodotti che giungeranno nei prossimi anni e dal lavoro di educazione che – chi fa un mestiere come il mio – prosegue soprattutto nei canali HORECA. Io sono sicuro che la cultura del wine & food italiano sarà sempre più diffusa. Nascono nuove generazioni di chef, sommelier, ristoratori, enotecari innamorati dell’Italia e dei suoi prodotti. Anche se 100% americani, sono pronto a scommettere che queste persone cercheranno il vero “spirito” italiano e saranno ambasciatori innamorati della grappa negli Stati Uniti.